Lo scenario dell’esportazione italiana verso estero è sempre un tema caldo presso le Pmi.
Oggi a InnovaImpresa ne abbiamo parlato con Rita Bonucchi, esperta di Unione Camere Lombardia.
L’evento organizzato da Camera di Commercio di Lecco in collaborazione con Promos Milano ha permesso di comprendere alcune dinamiche fondamentali dell’export.
Un aspetto fondamentale che la PMI deve affrontare è cosa scegliere: un consulente o un agente?
Essere consulente implica un approccio di fornitura di servizi. Di fatto l’attività implica una serie di azioni mirate al supporto della fase di vendita.
Si ponga, per esempio, la necessità di fare scouting per mappare il territorio e individuare potenziali clienti. Siano essi enti governativi o aziende private, è fondamentale comprendere come ci si muove nello scenario internazionale.
Un aspetto altrettanto importante risulta essere il dialogo e le culture differenti.
Non ci sono nazioni migliori o peggiori dell’Italia. Ma esistono una serie di realtà che necessitano un approccio culturale che, in seguito, si traduce direttamente in una visione operativa.
Consideriamo che, per esempio, i tempi di lavoro asiatici tendono ad essere differenti rispetto a quelli svedesi.
Nel sud est asiatico L’indiano è spesso tecnico o ingeniere, il cinese ha l’impostazione commerciale o di investitore, il malesi invece tende ad essere colui che governa il progetto.
Conoscere questi aspetti implica sapersi relazionare con differenti soggetti.
L’impatto culturale nella vendita è un elemento fondamentale per comprendere come muoversi quando si esce dall’Italia.
Specialmente se l’attenzione è rivolta a mercati sfidanti come quelli asiatici.
Tutti questi elementi e analisi sono solo alcune delle attività svolte dal consulente. È bene ricordarsi che un consulente non ha una funzione commerciale (per quanto nulla escluda che possa svolgere anche questa funzione).
Il consulente è adatto quando ci si sviluppa verso mercati nuovi.
L’azienda dovrà quindi comprendere se ha un interesse di sviluppo commerciale immediato (poniamo su un mercato maturo) oppure su un nuovo mercato.
Il commerciale è l’altra figura necessaria per lo sviluppo estero. Di norma un temporary export manager è la figura, recentemente, più ricercata in ambito di Pmi.
I vantaggi di un temporary sono ovvi: costi focalizzati e orientati al successo.
Tuttavia un export manager, o più comunemente un commercial estero, sono figure operative
Pensare di proporre a un export manager un mercato vergine dove non vi sono operazioni attive (da parte dell’azienda che ingaggia) potrebbe essere molto azzardato.
Il commerciale ha un’attitudine mirata a chiudere deal. Maggiore il tempo per chiudere un deal maggiore è il tempo in cui il commerciale è allocato su un area senza riportare entrate per l’azienda (e per se stesso).
È una soluzione adatta per mercati non presidiati?
È una soluzione molto rischiosa. Soprattutto in ambito remunerativo se il commerciale ha una base di minimo fisso e una parte importante di variabile, il commerciale potrebbe percepire il suo ruolo come ridondante, inutile o poco performante. Un rischio oggettivamente complesso da affrontare. Soprattutto il rischio di sprecare soldi e bruciare un commerciale (che potrebbe decidere di lasciare il gruppo).
Comprender quale risorsa allocare in un mercato è un tema molto importante che Rita Bonucchi ha spiegato chiaramente al Workshop di oggi di Innova impresa.